Presentazione storica
di Chiesa Parrocchiale di Santa Cecilia della Croara desunta dall’opera storica
LE CHIESE PARROCCHIALI DELLA DIOCESI DI BOLOGNA. Edita dal Corty
Riporto fedelmente il testo dal volume II° dell’opera che tratta questa Parrocchia.
Auspicando che sia ben accetta l’intenzione, auguro buona lettura al visitatore.

   Chi esce da Porta Santo Stefano e si mette per la Via che mena in Toscana a circa quattro miglia dalla città sulla sinistra della detta Via, s’abbatte ad un territorio parrocchiale disteso per colline e per valli molto vago e salubre per abitarvi

   Il medesimo conosciuto sotto il nome di Croara, e che nel medio Evo chiamossi “Corvària o Corbaria, e poi Corvara”, e Corbara da cognome, secondo opina il Malvezzi, di famiglie romane detto “Corbo o Corbio”, è composto da un terreno sotto alla coltivazione del grano, dell’uva, e di tutti gli altri prodotti rurali delle nostre campagna; ma in una parte montuosa ha una lunga e profonda vena di gesso speculare, e in molti siti dà mostra di pietre , come agata, diaspri e alabastri, e chi pigliasse la cura di esaminare bene e dentro la condizione di questo suolo, forse potrebbe trarre qualche utile partito dai prodotti del medesimo rispetto a questi generi.
    Il Calindri parla di un meandro formato sotto una collina dall’acqua, nel quale trovò un’incrostazione di stallatiti a svariati colori e ridotto alla durezza dell’Agata da non doversi trascurare.
   Ma venendo all’antichita’ del medesimo è da notare, che, se vera è la derivazione del suo nome accennata di sopra, deve essere antichissimo, perchè il cognome Corvo era nella gente Attilia, e “Corbio” nella Ortensia, due famiglie romane che forse avevano abitazione o possedimenti in questo luogo.
    E’ certo per altro che nel medio evo esisteva con questo nome, quantunque gli autentici documenti che parlano apertamente di esso cominciasi a rinvenire soltanto verso il mille.
    Si ha per indubitato eziando che nel medesimo ebbe vita un castello di cui fra le altre memorie, una ve n’ha in una scrittura d’enfiteusi segnata sotto il giorno 26 Aprile 1064 che trovasi nell’Archivio de’ RR. Canonici di San Salvatore, in fine della quale scrittura leggesi: “hactum in vastro quod vocatur Corvaria”, secondo riporta il Calindri.
    Come venisse distrutto ed in qual tempo il nominato castello non appare, ma trovasi questo luogo nel decimo terzo secolo nominato semplicemente comune, il che mostra apertamente non più esistere quivi alcun castello.
    Nel 1404 poi il Cardinal Cossa legato di Bologna volle che tutti gli abitatori del nostro distretto fossero ascritti alla cittadinanza bolognese, con tutti quei privilegi ed esenzioni che ciascun cittadino aveva diritto di godere, e per molte prove chiaramente risulta molte famiglie ricche ed influenti avere allora in esso stanza.
    Nei tempi posteriori non trovasi più cosa di storica importanza, e nel Aprile 1487 è abitato da 410 individui che dall’agricoltura e dall’esercizio delle arti e mestieri traggono lor sussistenza, per le cose civili essendo soggetti al comune e governo di San Lazzaro.
    E’ molto rimarcabile nella nostra terra il luogo chiamata “Miserazzano”, il quale è villeggiatura dei signori Conti Negri, stanza deliziosissima vuoi per edifizii eleganti e magnifici, vuoi per comodità, e per la maravigliosa veduta che di qui’ si può godere di larghissimo tratto della sottoposta pianura, e de’ circostanti colli.
   Ora venendo alla storia religiosa di questa Chiesa è da notare che se il territorio vanta grande antichità, pure antica è anche la Chiesa e pare possa essere stata eretta molto prima del mille, ma niun documento autentico ci dà alcuna certezza intorno questo fatto.
    Nel secolo decimoterzo fu ristaurata, nel secolo decimosesto venne al tutto edificata, quindi nel decimosettimo fu rifatta la Cappella maggiore, e nel decimo ottavo abbellita e condotta a più decenza ed eleganza tutta la Chiesa come rilevasi dalle due seguneti iscrizioni che leggonsi la prima sopra la porta maggiore, e l’altra in una parte del coro.

    Il Cardinale Paleotti primo Arcivescovo di Bologna, che molto era affezzionato alla nostra Chiesa, alli 12 di Agosto 1585 le donò un Turribolo d’argento coll’immagine di santa Cecilia nella base, con attorno il suo nome, il quale si conservasse dal suo curato da usarsi nelle funzioni solenni, con ordine che il detto turribolo dovese in perpetuo restare a questa Parrocchia.
   Intorno al secolo decimo la nostra Chiesa era amministrata dai Monaci Valombrosani che stanziavano nel convento presso alla medesima, e quantunque non si abbia tanto da precisare l’epoca in cui i detti Monaci cominciarono a governarla, nondimeno molte fondate congettura ci fanno credere un tale fatto avvenuto presso al mille: nei rogiti di Tommaso Muzzarelli dell’anno 1144 si da’ testimonianza certa che i Vallombrosiani erano nella Croara.
    Il Calindri afferma che fra le lettere latine inedite del Petrarca una ve n’ha che porta il seguente indirizzo: ” Ad Abatem Corviariae Bononiae” ; la quale ha per argomento: “sitim operum novorum expectatione, ed modestia temperandum”.
    Comincia in questo modo: ” Non facile dictu est, quam laete audiam te talem virum eam rerum mearum sentire dulcedinem…” e porta la seguente data : ” Ad fontem Sorgiae Kalende Septembri 1227 “.
    E che questo Abate avesse carteggio col sommo Poeta si rende tanto più certo che in quanto quei Monaci, e per la loro sapienza onde ornavan la mente, e per la pietà e santità con cui vivevano, erano bene amati e riveriti dai piu’ cospicui personaggi di quei tempi.
    Il popolo pure li aveva in gran venerazione non solo per la vita immaculata che menavano, ma veramente pel bene morale e materiale che ad esso largivano, instruendolo nelle cose di religione e procacciandogli mezzi di sussistenza con promuovere l’agricoltura coll’incoraggiamento con le loro cognizioni, e spesso coll’opera effettiva.
    Questi religiosi (come si ha da documenti esistenti nell’Archivio Arcivescovile) conservarono il convento e la Chiesa di santa Cecilia fino al 1487, nel quale anno essendo abate Don Tommaso Manzolini di Bologna rinunziò l’Abazia, il Convento, la Chiesa e tutti i beni che erano la dote di quel convento nelle mani del Pontefice Innocenzo VIII, che con Bolla 13 Kal. Junii detto anno, concesse il tutto ai RR. Canonici Lateranensi di San Salvatore di Bologna.
    Questi stabilirono ivi un convento del loro ordine, e per l’amministrazione delle funzioni parrocchiali deputarono ora un Canonico ora un prete secolare, sempre coll’approvazione dell’ordinario.
    Il Convento venne soprresso dal generale Bonaparte con Decreto delli 12 Decembre 1796 eseguito dal Senato bolognese nel 1797 incorporando i sui beni nel Demanio, e assegnando una corrisposta pecuniaria al Sacerdote che resto’ in qualita’ di Curato al governo della Chiesa in discorso; e quella corrisposta al ritorno del governo Pontificio venne cambiata in tanti beni stabili effettivi, ritornando il governo parrocchiale e il diritto di nomina ai suddetti Canonici regolari, essendo odierno Parroco il Molto Reverendo sig. Canonico Don Luigi Farne’.
    La nostra Chiesa nel suo interno è una delle belle e ben tenute della Diocesi mercè le cure dei sullodati RR. Canonici Lateranensi dai queli è retta.
    In essa sono quattro altari laterali oltre al maggiore, il cui dipinto in tela rappresenta santa Cecilia titolare della Parrocchia; ed è lavoro assai pregiato secondo afferma il citato Calindri, del Mastelletta, di cui è pur opera l’altro rappresentante sant’Apollonia.
    Seguitando a parlare dei dipinti in essa contenuti il sullodato autore dice che il sant’Antonio da Padova è del Tiarini; che il san Sebastiano, e l’altro rappresentante Davide con il mano la testa del gigante appartengono alla scuola del famoso Guido reni, essendo copie di due suoi quadri; e soggiunge che in sagristia trovavasi un bellissimo dipinto in cui era ritratto il Salvatore dal sommo pennello del Guercino.
    Il quadretto poi che ora trovasi realmente in sagristia e che raffigura la Sacra Famiglia attribuito dal detto autore al Buonarrotti, pare piuttosto di Giuseppe Mazzoli.
    L’altare maggiore è ornato da quattro colonne corintie che sostengono la sua Cappella.
    Questa Parrocchia fa parte della congregazione plebaniale di san Rufillo, e celebrasi la festa del titolare alli 22 Settembre.
   Essa è limitata dalla Parrocchia di Monte Calvo, da san Lazzaro sussidiale delle caselle, da Rastignano, san Rufillo e Farneto di Pizzocalvo.
    Gli Oratori pubblici che si venerano nel suo territorio Parrocchiale sono otto:
– il primo dedicato alla Veata Vergine detta de’ Boschi, proprietà del signor Dottor Giacomo Rivelli;
– il secondo chiamata Santa Maria di Miserazzano, appartiene ai signori Conti Negri:
– il terzo appellasi Sant’ Andra di Miserazzano di ragione dei suddetti;
– il quarto vien detto Santa Maria della Stella del Roncaglio pertinente al signor Marchese Zambeccari;
– il quinto è Sant’ Anna de’ Marani spettante al signor Conte Antonio Pallavicini Fibbia;
– il sesto che chiamasi San Giuseppe detto del Govone è giuspatronato del sig. Avv. Casali;
– il settimo è dedicato a San Filippo Neri nell’antico palazzo Fibbia ora sullodato signor Conte Antonio Pallavicini; questo è chiamato magnifico dal Calindri, e fù eretto nell’anno 1661 con concessione di Alessandro VII delli 11 Ottobre: in esso ha un dipinto rappresentante San Filippo opera di Francesco Monti, e l’ornato, pure dipinto, che circonda il quadro nominato, è del Bibiena.
– L’ottavo Oratorio del nostro distretto appellasi San Giuseppe del Roncaglio di proprietà del signor Gioachino Bellotti.