Presentazione storica
di Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Evangelista di Monzuno desunta dall’opera storica
LE CHIESE PARROCCHIALI DELLA DIOCESI DI BOLOGNA.
Riporto fedelmente il testo dal volume II° dell’opera che tratta questa Parrocchia con le forme grammaticali e scrittura di quel tempo
Auspicando che sia ben accetta l’intenzione, auguro buona lettura al visitatore.

Volendosi ora tenere alquanto discorso del comune di “Monzone”, tratteremo prima della storia del territorio e poi del tempio parrocchiale, mettendo innanzi di questo e di quello tutte le notizie che in vari documenti son giunte a noi.

Corre fama che questo luogo tragga il suo nome dall’Antica Famiglia Manzoli, che corrompendosi si sia poi cangiato in “Monzone”; ma ciò non può essere affatto perché questo luogo si chiamava col medesimo nome anche prima che la nominata famiglia divenisse feudataria di questo territorio; ed è più ragionevole l’asserire col Calindri che gli antichi soleano così chiamare un aggregato di piccole case, situate sopra un collicello isolato ergentesi sul dosso di qualche monte; giacchè molti luoghi trovandosi e nel Bolognese, Modenese e Toscano, aventi questo nome, tutti erano a un dipresso costrutti allo stesso modo.

In Monzone vi avea anticamente un Castello murato con sua fortezza bene acconcio a far difesa contro le invasioni de’ nemici; e fu posseduto in piena proprietà da una famiglia ricchissima, che dal nome del luogo, nomavasi la famiglia “Monzoni”, e nel 1164 un “Alberto da Monzone” rinnovò un ampia donazione alla chiesa di San Vittore fuori di Bologna, già fatta prima, la quale donazione comprendeva tanti di fondi quanti potevano capire dal comune di Jola fino alla palude dell’Idice; e siccome pare che questa famiglia fosse diramata, e che ciascun ramo avesse i suoi possedimenti in proporzione al già nominato, si può ben congetturare quanto fosse potente unita insieme.

Anche ha luogo a sospettarsi, che Richilde prima moglie del Marchese Bonifacio II di Toscana, padre della famosa Contessa Matilde derivasse da questa famiglia, poiché ebbe possedimenti e ingerenza in questi contorni; ma non v’è alcun dato per poter giungere alla certezza, e questa non è che una congettura.

Circa il 1200 un Guidone da Monzone era possessore della quarta parte del castello in discorso e sue attinenze il quale cedette per contratto di vendita ogni suo diritto ai Conti da Panico; e al dire dell’Alidosi verso il 1300 Alberto Conte da Monzone ebbe qualche giurisdizione su questo castello.

Circa il 1350 i bolognesi erano i possessori di quel luogo, non conoscendosi però come ne fossero diventati signori; e nel 1351 era soggetto ai Visconti, quando Oleggio governava Bologna e tuuti i luoghi a questa città dipendenti.

Quando poi questo Oleggio fattosi dominatore della città,e del contado, e forse temendo di non potersi da sé sostenere, rinunciò nel 1360 l’una e l’altro al Legato del Papa, Monzone tenne dai Visconti fino al 1371, nel qual anno col prossimo castello d’Aligrano si diede a’ bolognesi e alla Chiesa.

Nel 1376 poi Guiduccio, una della famiglia Monzoni, antica proprietaria di questo luogo diede mani agli ingegni per guisa che gli riuscì d’impadronirsi del castello, e potè ancora ribellare a’bolognesi il nominato castello d’ Aligrano, che si diede al Cardinal Roberto Legato del Papa.

Indispettiti quei da Bologna di questa doppia ribellione, stabilirono di riavere ad ogni modo i possedimenti, e spedirono il loro Capitano con molti soldati contro i detti castelli, con comandamento che ad ogni modo dovesse averli in suo potere, e quindi agguagliarli al suolo.

Portatosi adunque il detto capitano contro Monzone, la cui fortezza era tenuta dal nominato Guiduccio, s’adoperò così bene, che in breve tempo si rese padrone del luogo, e secondo gli era stato imposto distrusse affatto la rocca, e demolì le mura in modo che appena si poteva dire qui fu.
Dopo tale sconfitta la famiglia di Monzone, non ebbe più alcuna ingerenza su quell’antico feudo, ma era tuttavia potente e trovasi nominata dagli storici di Bologna sin verso la fine del secolo decimo quinto, e s’immischiò nelle fazioni dei Geremei e Lambertazzi, ed ebbe valorisi Capitani, Castellani, Anziani, e di essa fu pure un Podestà di Bologna; le quali ultime cariche furono esercitate da membri di quei rami che seguirono la parte Geremea.
Così il Calindri

Dall’epoca della demolizione della rocca in poi, il nostro luogo fu un semplice comune, e non ebbe più alcuna rinomanza politica ; se non che nel 1510 circa il Conte Alessandro Sforza Manzoli, avendo ottenuto dal Cardinale di santa Fiora Legato del Papa, un diploma d’infeudazione sopra il castello in discorso, a cui erano stati uniti Gabbiano, Ripoli, Scascoli, Vado, Brigadello e Gugliara, fu dichiarato Contea della Famiglia Manzoli; e allora riacquistò alcuna celebrità e qualche politica influenza; ma per poco; giacchè nel 1525 fu revocato il decreto d’investitura, e alli 6 febbraio del 1532 fu eseguito il Breve di revoca; il che essendo mal comportati da que’ paesani, che albergavano in petto spiriti guerrieri alimentati dall’amor di partito, e da una naturale inquietezza che allora regnava, si temeva un qualche moto di ribellione.

Per la qual cosa CLEMENTE VII confermò a questo popolo tutti gli antichi privilegi e statuti che erano in uso presso di lui; e del territorio che costituiva l’abolita Contea formò un Commissario indipendente da qualunque altro Comune facendone capo luogo Monzone; la qual concessione, dando una cert’aria d’indipendenza alla maniera di governo, quegli abitanti se ne chiamarono contenti. Quetatisi poi gli animi e camminando le cose ordinatamente, e forse tolte, o naturalmente cessate le cause di mal contento, parve facil cosa e più speditiva unire questo commissariato con Bologna, e alli 16 di Settembre 1575 fu eseguita questa unione, venendo poscia confermata con Breve del 10 Dicembre dello stesso anno da Gregorio XIII né gli uomini di Monzone furono ributtanti alla dipendenza di Bologna; anzi vi si acconciarono facilmente, e si trovarono assai meglio sotto la tutela del Senato bolognese, che sotto al despotismo degli antichi signori; e quando l’antico feudatario Manzoli, avendo mosso gravi lagnanze per essere stato spogliato del feudo, e mostrate sue ragioni, ottenne titolo di Conte di Monzone con un emolumento di Scudi 200 annui sopra il castello in discorso, i popolani mal comportarono questa gravezza e fermarono di levarsi di dosso ogni peso, e ricorsero al Senato di Bologna.

La cosa andò alquanto per le lunghe, perché que’ signori s’opposero con loro ragioni alle pretese de’ popolani, e dapprima ebbero la sorte favorevole; ma disaminata ben bene la causa del bravo giureconsulto Albani nel 1644, e trattata con energia, quei di Monzone e gli altri circonvicini, toccarono il loro intento venendo liberati da qualunque peso.

Afferma poi il Calindri, che nel luogo chiamato Alborsella esisteva un grande palazzo antico d’ordine dorico di ottimo stile, e pieno di begli ornamenti architettonici che era di spettanza dei Duchi d’Acquasparta, i quali ne cederono la proprietà al comune di Monzuno per un’annua corrisposta da pagarsi in perpetuo.

Ora diremo della Chiesa Parrocchiale e degli altri luoghi sacri, esistenti in questo territorio.
Anticamente la Chiesa la Chiesa Parrocchiale di Monzone era dipendente dall’antichissima Pieva di San Pietro di Sambro, e quando fosse eretta in Pieve Arcipretale non è scritto; come pure non si sa la prima fondazione del tempio, anzi non è neppure conosciuto il luogo dove anticamente esisteva la Parrocchial Chiesa, giacchè l’attuale fu edificata sui muri di un antico Oratorio largo e basso fatto di sassi lavorato a scalpello.

Nell’anno 1833 venne abbassato il piano di questa Chiesa per cura dell’odierno Arciprete, e poi nel 1836 fu ampliato il corpo della Chiesa, e messo a volta reale come trovasi presentemente; il che rilevasi anche dalla seguente epigrafe posta sulla porta maggiore della detta Chiesa al di dentro:

D.O.M.
TEMPLVM HOC JAMPRIDEN SACELLVM AD HONOREM
S. JOANNIS APOSTOLI DICATVM
CVRSV TEMPORIS AD PARROCCHIALIS ECCLESIAE
VUVM ELECTVM NVNC VERO CVRA ET IMPENSIS
CVRIONIS ET CVRUANORVM MONZVNI
AMPLIATVM ET ELEGANTIVS INTERIVES EXTERIVSQVE
RESTITVITVM ED ABSOLTVTVM
ANNO DOMINI M. D. CCCXXXVI.

Nell’Archivio Parrocchiale non esistono carte di antica data, per essere stato abbruciato cento anni fa, se non che un libro di de’ matrimonii cominciante dal 1567, e un libro delle spese fatte per l’erezione del campanile accaduta nella prima metà del secolo XVII.

Il detto campanile è lavorato con molta robustezza colla base a scarpa, e contiene un buon concerto di quattro grandi campane fuse da Serafino Golfieri nel 1838, e accordato in quarta e sesta maggiore come quello di San Pietro in Bologna; e anche questa spesa fu fatta per cura e coll’aiuto dell’odierno Arciprete.

L’interno della Chiesa è vasto, di elegante e ben proporzionata architettura d’ordine toscano, avente quattro altari laterali oltre al maggiore; e nell’ampliazione già notata furono compresi due dei detti altari, cioè poco meno della metà di tutta la Chiesa. La cappella maggiore ha balaustrata di ferro guarnita di ottoni; due cantorie laterali e in una un buonissimo organo postovi per cura dell’attuale Arciprete nel 1836, ed è opera di Alessio Verati bolognese.

L’altare principale è bellissimo, composto di marmi fini e svariati, opera del signor Angelo Rasori bolognese, commessagli dall’odierno Arciprete.
Il quadro poi di questo altare rappresenta San Giovanni Evangelista, titolare della Parrocchia, e la B. V. con San Bernardino da Siena. Degli altari laterali quello situato alla sinistra di chi entra per la porta principale è sacro a Gesù posto in croce, ed havvi un Crocifisso di legno con sottoquadro rappresentante San Vincenzo Ferrerio: l’altare dirimpetto a questo è dedicato a Santa Margherita vergine e martire, e ai Santi martiri Fabiano e Sebastiano.

Il secondo altare a sinistra di chi entra s’intitola alla B. V. del Rosario, e quello di contro a San Luigi Gonzaga con bell’ornato moderno, e la statua del santo in istucco ben lavorata coi ripari di cristallo.

Ha in questa Chiesa un bel pulpito, di faccia al quale è una porta laterale per maggiore comodotà de’ divoti popolani accorrenti; anche nel corpo della Chiesa trovasi una ben dipinta Via Crucis.

La Sagristia della nostra Chiesa è bella ed ampia a soffitta ben lavorata con in mezzo un altare.
In essa vi si trovano belli armadi contenenti gli arredi sacri, dei quali questa arcipretale è ben fornita; come pure è ricca di bei calici, di un bellissimo Ostensorio e di tutto ciò che può concorrere al maggior decoro delle sacre funzioni.

Presso il tempio parrocchiale in luogo eminente è situato il Cimitero fatto di nuovo, circondato di muro robusto e alto, guernito superiormente di macigni sporgenti lavorati a scalpello: anche questo fu fatto per cura dell’Arciprete presente, il quale pensa di erigervi ancora quanto prima una cappella mortuaria, rispondente alla bellezza e grandezza del detto cimitero.

E’ tradizione che questa Pieve anticamente fosse divisa in due Parrocchie; e pare che la Chiesa dell’una sorgesse in luogo detto Castello, dove sonosi rinvenute vestigie di un castello che dicesi atterrato dal Duca Borbone: la Chiesa poi dell’altra Parrocchia si nomava santa Maria delle Selve, e quivi avea pure un Spedale per alloggio di pellegrini, e per ricevere in cura i malati, il quale non molto dopo il mille fu dato in potestà dei Monaci Vallombrosani, che ivi istituirono un Priorato; che da SISTO IV fu poi dato ai Frati Conventuali di San Francesco, ai quali da INNOCENZO VIII fu consegnato nel 1485 anche il nominato Spedale per uso di infermeria; ed ivi pure abitavano alcuni Monaci anche prima della soppressione accaduta al finire del secolo decimottavo; e la Chiesa di Santa Maria esiste anche al presente, ma fabbricata in tempi moderni e ben diversa dall’antica, ed anche in diversa posizione.

Questa Chiesa aveva unito il campanile finito a cuspide contenente due campane, ma fu tosto atterrato da chi ne aveva fatto l’acquisto dopo l’accennata soppressione.
Sono ancora nel territorio di questa Parrocchia altre due Chiese, l’una delle quali fatta edificare dai medesimi Francescani nell’anno 1620, come rilevasi da lapide di macigno ivi posta: la qual Chiesa abbandonata poi, venne in istato di quasi totale decadenza, e nel 1826 fu messa a nuovo splendore per cura del già tante volte citato Arciprete attuale.

In essa ha un solo altare, sopra il quale la Chiesa è a volte reale dipinta a fresco; il rimanente essendo a soffitta ben lavorata messa a colore chiaro-scuro e ornata di cornici: havvi pure una conveniente Sagristia.

L’altra Chiese è un Oratorio pubblico, dedicato alla “Madonna del Buon Consiglio” con bella immagine dipinta in tela, avente un frontale ornato a velluto ed argento; questo Oratorio poi fu edificato dalle fondamenta dalla famiglia Barbieri nell’ultima metà del secolo scorso; della quale famiglia è pure il Molto Reverendo signor Don Adamo Barbieri Arciprete, sedente oggi nella Parrocchia in discorso.

E’ pure in questo distretto un altro Oratorio detto “la Savena” dedicato a Santa Croce di proprietà del signor Dottor Gerdinando Serrachioli; ma presentemente non vi si celebra mai.

Questa Arcipretale a levante ha il torrente Savena, che la divide dalla Parrocchia di Bibulano.
Le Parrocchie poi di Scascoli, Monterumici, Vado, San Nicolò di Guliara, Brigola, Valle di Sambro, Gabiano e Trasasso, confinano con Monzone, e dipendono dal suo plebanato, meno Scascoli; e però in quanto allo spirituale, la nostra Parrocchia è indipendente; in quanto al civile fa comune da sé, sotto il governo di Loiano.

Il distretto Parrocchiale è popolato, in quest’anno 1845, da 900 individui circa, e la festa titolare viene celebrata il 27 Dicembre.
La famiglia del Conte Camillo Morandi bolognese, ha il gius di nomina su di essa.
Il Tempio Arcipretale di che abbiam favellato è situato alle falde del monte Venerio 18 miglia da Bologna fuori di Porta santo Stefano.