Presentazione storica di Rastignano desunta dall’opera storica del S. Calindri.
Riporto fedelmente il testo del 1782 con le forme grammaticali di quel tempo, ove la lettera “s” attuale veniva scritta con la lettera “f”, questo per aiutare il lettore nella corretta forma di lettura.
Auspicando che sia ben accetta l’intenzione, auguro buona lettura al visitatore.

RASTIGNANO
(a) (Fuori di Porta S. Stefano alla finiftra della ftrada che conduce da Bologna a Firenze circa quattro miglia lontano dalla città)

Comune e Parrocchia di 260 anime divife in 60. famiglie, e confinata da Popoli, o Parrocchie, di Monte Calvo, di Sesto, di Jola, della Cròvara, e della Pieve di S.Rufillo, alla di cui congregazione è anneffa.
Alli R.R. Canonici Regolari di S. Salvatore appartiene il diritto di collazione.
Bella è la fua Chiesa, il di cui titolare è S. Pietro, e belliffimo è il quadro è il quadro dell’ Altar maggiore opera del “Tiarini.”.
B. Vergine di S. Luca del Pero, S. Donino e S. Antonio del Rio, SS. Melchiade S. Francefco d’ Affifi e S. Benedetto degl’ Arienti (chiamato comunemente dal popolo S. Petronio) fono gl’ Oratori che efiftono in quefta Parrocchia.

Molta e prexiofa Ufa, poche Frutta, buoni Fichi e buona Cerafe, molta Ghianda, pochiffimi Olivi, pochi Bofchi da legna da fuoco, poca Seta, pochiffima Canape, molte terre a fodo, fufficiente quantità di Fieno, cinque mifure dal Grano, due dai “Marzatelli” moftrano l’ annuale rendita di quefto territorio in buona parte Saffofo, Cretofo e mifto di Creta e di Arena, in poca eftenfione Arenofo, e nel di cui popolo fi trovano un Calzolaio, due Botteghe da robbe mangiative e da Merciaro, un Molinaro, un Muratore, e tre Sarti.

Godefi quivi buon’ aria, non giungendo a tre il numero di morti adulti.
Una Fonte di acqua leggera detta del “Pero”, e la falubre acqua detta “de’ Bianchi”, dal “Commendatore Baldafarre Sichicelli” nel 1651 incondottata fino alla fia maeftra a beneficio di chiunque voglia approfittarne, trovafi in quefto territorio, nel quale non ci fi è prefentata cofa rimarchevole da raccontare e porre in vifta de’ Naturalifti.
Sono i fuoi Borghetti:
Il Palazzaccio di famiglie 13.
La pedagna di famiglie 9.
E’ quefto uno di que’ terrirorj, ne’ quali converrebefi far posto per Scalo delle Legna condotte dalle Montagne del Baftione, di Cedrecchia, di Zaccanefca, di Caftello delle Alpi, di Monghidòre, di Lognola, di Stiolo, di Roncaftaldo, di Trafaffo, di Bibolàno, e delle altre Parrocchie cofteggianti il Fiume Savena, col mezzo dell’ acqua di quefto Fiume e de’ fuoi influenti in piena da quefta parte, fe con giudiziofa condotta non fi voleffe inoltrare pel Canale di Savena più appreffo alla Città, come potrebbe farfi fenza pregiudizio di alcuno, e con molta utilità de’ popoli montani e de’ cittadini.

E’ fcorfo un anno da che, dopo fi pubblicò da noi l’ articolo “Dardagna” (403 – Pag.359 par II. e feg.), ci fù ordinato da autorevole perfona in nome di rifpettabile perfonaggio di ftendere in carta tutta la mano d’ opera che convien fare, ed ufare, per poter condurre con tutta economia la legna preffo la Città dalle Montagne che cofteggiano i due Fiumi Reno e Savena ed i loro influenti.

Spinti dal vivo defiderio di far del bene agl’ Uomini, e dal noftro fempre profondo rifpetto in alcuni fogli tuttociò che abbiam veduto praticarfi nella condotta di confimili Fiumi per cinque anni continui, ne’ quali ci fiam trattenuti in que’ Monti, dove da Popoli fi efeguifcono tali condotte; vi aggiugnemmo del noftro quel di più che dalle noftre pratiche offervazioni rifultando, comunicato a quegl’ ifteffi popoli, ci fù approvato come valevole a minorarne il difpendio, e ad agevolarne la condotta: aggiungemmo a tutto l’ efpofto qualche difegno per maggior chiarezza di quanto in effi fogli dicemmo, e dimoftrammo, e nello fteffo tempo ci efibimmo d’ infegnarne la pratica a montani poffidenti de’ Bofchi, per tagliare e condottare la Legna con facilità ed economia; e per loro levare l’incatefimo nel quale li tengono i ridicoli fautori
“DEL NON SI PUO”,
“DEL NON E’ POSSIBILE”,
“DEL NON E’ PRATICABILE”
,
ci efibimmo di condurre gli Uomini colle prime fei condotte giù per l’ alveo di ambedue i nominati Fiumi, affinchè ammaeftrati dal fatto i montani popoli proprietari de’ Bofchi fi rifvegliffero, e s’ induceffero a fare quefto trafporto ad effi così utile, e alla Città così neceffario e vantaggiofo; e per afficurarfi vie più per ottenere l’ intento con follecitudine e ficurezza, ponemmo in vifta alcune condizioni ed efenzioni a loro accordabili per un difcreto numero di anni, e nel cafo di loro morofità proponemmo di minacciarli di reftringere la facoltà di poter fare detto trafporto ad un folo; onde allettati dalla fperanza e dal timore obbligati s’ induceffero a fare sì utile commercio.

Noi proponemmo più quefta, che altre maniere di ottenere la condotta della neceffaria Legna, perchè ammaeftrati dall’ efperienza, e dalle ricerche fatte a popoli, da quali sì utile trafporto abbiamo imparato, rilevato abbiamo, che quefta è la meno difpendiofa, la più continuabile, la più ficura, e la più abile a diffondere e far circolare in moltiffime mani il denaro, per così dire di giorno in giorno, con preftezza; unico mezzo di follecitare, di animare, di ravvivare la induftria nazionale di ogni genere di Uomini che vive in quefto Mondo, giacchè diminuifce quefta utile circolazione in proporzione dell’ ammaffamento del denaro fi là, in altra maniera facendo, in una, o poche borfe, rimanendo di per fe dimoftrato, che mille Zecchini divifi in piccole porzioni di pochi Paoli, e fparfi, e fatti girare in ottocento perfone, non fermanfi, per così dire, un giorno fenza circolare, e fomminiftrano il bifogno al doppio e più individui; laddove colati in una, o in due fole borfe, riftagnano buona parte dell’ anno, e talora più anni, o tutti o in rifpettabile parte in pregiudizio notabile delle ottocento, delle mille feicento, delle due mila e quattrocento perfone, che giornalmente ne avrebbero goduto per loro foftentamento, e bisogno giornaliero, fe nella prima detta maniera aveffero circolato, o circolaffero.

Chi offerva il Commercio, non come fi dipingeda tanti teorici, mà come fi fà in pratica, e come praticamente mantiene più o meno in ftato di floridità le Nazioni per ciò che riguarda l’ interna circolazione, converrà ficuramente con noi.
Proponemmo altresì quefta già detta, e non altre maniere, perchè effendo per lo più i proprietari de’ Bofchi montani di condizione da poter fare ogni lavoro da per fe, ovvero effendo abitanti fopra luogo, poffono effi, fare con follecitudine e rifparmio tuttociò che abbifogna, e poffono effi dare a minor prezzo e con maggiore vantaggio quella quantità di legna che poffibile non è ad altri non proprietarj, e lontani, di poter dare con ugual utile a maggior prezzo.

Desideriamo, che nella detta maniera, o in altra che fi giudicaffe più efpediente fi promuova quefto utile, o produchino i noftri fuggerimenti e fatiche alla Società quel bene che abbiam procurato di farle; mà fiam troppo avvezzi a non vedere efauditi i nosftri voti in 34 anni che ci adopriamo per effere utili a noftri fimili; onde dal tempo afpetteremo, o di proseguire nel nostro rammarico, o di confolarci per veder fatto quel bene alla Umanità, che vivamente alla fteffa da tanto tempo bramiamo.

Curiofo è un iftromento di locazione enfiteotica rogato l’ anno 1129, e confervato nell’ Archivio di S. Gio, in Monte (404 – “Lib. 2. num. 12. Rog. Bonando Notaro”); da quefto fi rileva, che dal Priore e Padri di S. Vittore fù dato alli 27. di Decembre dell’ anno già detto a “Giovanni da Silvola”, e ad “Alda” fua moglie, e loro eredi una pezza di terra vitata ed arativa nel Comune di “Raftignàno” con patto, che “…detti conduttori foffero tenuti ogn’ anno a ringraziare detti Padri”; fe quei boni Religiofi foffero ftati ancor molti altri cofì indulgenti, avrebber trovato con facilità chi loro avrebbe fatto un panegirico ogn’ anno pieno di elogi e di lodi per ringraziarneli allo fteffo prezzo di “Giovanni e di Alda”, non che un femplice ringraziamento.
Ebbero detti Padri nel 1163 alli 18 del mefe di Agofto in quefto fteffo Comune da “Pietro” da S.Rofillo e “Bona” fua Moglie in dono le fteffe loro perfone, e tutti li loro beni che poffedevano in S. Rofillo ed in Raftignano
(405 – Arch. di S. Gio. in Monte 18. Agofto Rog. Guido lib. 7 num.2).

Se confeguenza foffe del primo detto atto di gentilezza ufato da detti Padri a Giovanni ed Alda o nò, chi lo sà lo dica per noi, ciò che ci moftra la ftoria di que’ Secoli è, che con frequenti atti di urbamità, con la ritiratezza, con l’ efteriore compofto, col darfi attorno per fare del bene alla Umanità fecero i Regolari acquifto di molti fondi e di eftefe campagne, tanto è vero, che la maniera di farfi amare, e di guadagnare i cuori umani, fino talora a fcordarfi del ben proprio per farne l’ altrui, è il preftarli al bene del Genere Umano, e l’ ufare co’ viventi ogni buona grazia e gentilezza.

Da altri iftromenti confervati nello fteffo Archivio, ed in quello di S. Francefco rilevanfi varie locazioni e compre fatte in quefto Comune dai detti Padri, ed un lafcito ad una delle fue Chiefe:
(406 – “Reg. Guido Notaro. lib. 8. num. 3. 1171 – 11 Novembre Rog. lo fteffo Notaro lib. 9 num. 14. – 13 Febbraro 1182 per lire 29 e 5 denari pifani, ed un danaro pifano per annuo canone nel mefe di Marzo terra di Tornatura 6. meno 6. Tavole. Rog. Bartolomeo di Camillo lib. 14. num 11. 2 Febbraro 1268. Rog. Guglielmo di Dondidio da Pianòro Arch.di S. Francefco lib. 41 num.14. 15 Gennaro 1304.”) ;
ma quello che fà al cafo noftro è il rogito del 1207:
(407 – “Rog. Willielmo Notaro Camp + fol.6. 8 Settembre 1207. << Terra arativa in loco detto la Chiufura che fù di Pietro Bono Converfo di detta Chiefa, e della metà di un Ortale pofto vicino al Caftello di Raftignano>>“),
dal quale folo fappiamo effere quefto luogo ne’ Secoli andati ftato un Caftello, fenza di effo, e fenza gl’ addotti documenti, della Storia bolognefe non rileverebbefi la efiftenza in paffato di quefto luogo, le du cui Chiefe erano, fecondo raccogliefi da una Bolla di “ONORIO III”, conservata nell’ Archivio della Metropolitana, ed emanata nel 1221, appartenenti al fuo Plebanato; la prima fotto il titolo di “S. Pietro”, che era fituata nel Caftello in un colle meno di mezzo migliocdiftante dalla prefente, ve più verfo la Crovàra, dove efifteva tuttora nel 1567, e da dove fu trafportata ed unita alla prefente, nel 1575 dall’ Arcivefcovo “Cardinale Paleotti”, ed era confiderata (come l’altra di S, Girolamo) fuori del quartiere di Porta Ravennate; pagava quefta una corba di Spelta di Canone alla Metropolitana, e foldi 10 nella fefta di S. Pietro.

Dopo la detta unione fù governata la Chiefa di Raftignano da un Canonico di S. Salvatore fino al 1652, in cui fù data fa governarfi ad un Prete fecolare in vigore della nota innovazione delle foppreffioni ordinate da “INNOCENZO X”.

Dall’ elenco nonantolano fiamo iftruiti, che chiamoffi ancora quel luogo “Laftignano”, del di cui cognome è fiorita nel terzo decimo Secolo fin preffo al terminare del decimo quarto una rifpettabile famiglia, i di cui individui hanno coperte le più ragguardevoli cariche di Bologna.

Se fosse padrona del Luogo, o foltanto arricchitafi, ufcita dallo fteffo, e ridotta in Città, non abbiam documenti fu’ quali appoggiarci per dirne il precifo.
Ora quefta Chiefa appartiene alla Congregazione di S. Ruffillo.